Tribunale Civile di Roma- Sezione X- R.G. N. 8687/2021 Repert. 13243/2021 del 9.7.2021
Il Caso
I Sigg. XXX ed YYY sottoscrivevano con la società ZZZ due distinti incarichi mediatori, finalizzati alla promozione la vendita e la locazione di un immobile sito in Roma.
Con email del 18 ottobre 2029 uno degli intermediati chiedeva, in termini non certo giuridici, la possibilità di “annullare” il contratto; nell’oggetto della comunicazione, chiedeva di “sospenderlo”. I motivi sarebbero stati da ricondurre ad una difficoltà nell’esperire la procedura di successione ereditaria della madre dei Sigg. XXX ed YYY (proprietaria defunta dell’immobile oggetto di incarico di mediazione) ed alla mancata restituzione da parte dell’Agenzia del contratto firmato. Successivamente, il Sig. XXX con raccomandata comunicava alla società ZZZ l’intenzione di non procedere al rinnovo del contratto di mediazione, facendo cessare i propri effetti alla scadenza naturale del contratto stesso.
Dette comunicazioni venivano erroneamente interpretate da controparte quali manifestazioni di recedere anticipatamente dall’incarico mediatorio a promuovere locazione e vendita dell’immobile, assoggettabili a quanto disciplinato al punto 7.1) del richiamato accordo mediatorio che così recitava:” E’data facoltà ad entrambe le parti di recedere dal contratto, dandone comunicazione a mezzo raccomandata A/R con preavviso di 10 giorni alle seguenti condizioni:”
a) qualora il recesso avvenga entro il 30° giorno dalla sottoscrizione, è stabilito un corrispettivo a carico del recedente ed a favore dell’altra parte paria al 4%, oltre iva, del prezzo indicato all’artr. 2.a).
b) qualora il recesso avvenga successivamente al 30° giorno dalla sottoscrizione, è stabilito un corrispettivo a carico del recedente ed a afavore dell’altra parte paria al 4%, oltre iva, del prezzo indicato all’artr. 2.a)”.
Orbene, a fronte della impossibilità di definire bonariamente la questione a seguito della negoziazione assistita, con ricorso sommario di cognizione previsto art. 702 bis c.p.c. , la società ZZZ conveniva in giudizio i Sigg. XXX ed YYY, al fine di far accertare e far dichiarare dal Tribunale adito la sussistenza dell’inadempimento contrattuale e dei presupposti di fatto e di diritto per il pagamento dei corrispettivi come previsti dalle summenzionate clausole di cui al punto 7.1 lett. b) dell’incarico mediatorio, con l’effetto di far condannare i resistenti al pagamento della somma di Euro 23.058,00a titolo di penale per il recesso anticipato.
Con comparsa di costituzione e risposta, si costitutivano in giudizio i Sigg. XXX ed YYY, con gli avvocati Manuela CINQUEGRANA e Antonio DI MONTE, chiedendo di accertare e dichiare che i convenuti non avevano voluto effettuare recesso alcuno bensì avevano solo manifestato la volontà di non rinnovare il contratto; chiedevano quindi il rigetto delle pretese avversaria.
La Decisione
A scioglimento della riserva assunta all’udienza del 8 luglio 2021, il Tribunale di Roma Sez. X, in persona del Giudice delegato, Dott. Vincenzo Picaro, pronunciando sulle domande proposte dalle rispettive parti, rigettava la domanda dell’Agenzia Immobiliare, condannando quest’ultima al pagamento delle spese processuali.
I Motivi
Il Giudice focalizza l’attenzione sulla comunicazione con cui il Sig. XXX rivolgeva all’agenzia immobiliare la richiesta di “sospensione” dell’incarico. Per il giudice capitolino, essa è da considerarsi proveniente da un soggetto, per così dire, “estraneo”al mondo giuridico come può evincersi dall’uso improrpio del termine “annullamento”, tenuto altresì conto del fatto che viene palesata una richiesta di sospensione dell’incarico, con istanza di nuovo incontro per verificare eventuali soluzioni da intraprendere; ne discende che la missiva del 1.3.2019, non può in alcun modo qualificarsi come recesso dall’accordo di intermnediazione, sotteso ad interrompere in via definitiva il rapporto tra le parti.
Fa rilevare, altresì il Tribunale di Roma che neppure con la comunicazione del 18.10.2019 può essere considerata manifestazione del diritto di recesso, atteso che la medesima deve essere interpretata quale semplice volontà di non rinnovare tacitamente l’incatrico di intermedizione, alla scadenza naturale di quest’ultimo.
Infine, l’Ufficio giudiziario rimanda ad un consolidato orientamento giurisprudenziale tanto di legittimità quanto di merito, sulla scorta del quale nell’ipotesi in cui un agente immobiliare riceva l’incarico da una sola delle parti intermediate, lo scaturente rapporto non sarebbe annoverabile tra la fattispecie di “mediazione tipica”, bensì configurerebbe una “mediazione atipica”, assimilabile, quanto a disciplina, al contratto di mandato, trovando applicazione il disposto dell’art. 1726 c.c., in virtù del quale” in caso di mandato conferito da più persone con un unico atto e per un affare di interesse comune la revoca non ha effetto qualora non sia fatta da tutti i mandanti” (nel caso di specie, le comunicazioni sono state effettuate soltanto dal Sig. XXX), per cui anche laddove alla predetta comunicazione fosse attribuito un significato di recesso e non di mera sospensione temporanea, lo stesso dovrebbe ritenersi privo di effetto, siccome non proveniente da entrambi i mandanti.
Ulteriori approfondimenti giurisprudenziali
Il Tribunale di Roma, avendo considerato dirimente l’interpretazione delle comunicazioni inoltrate da uno dei resistenti alla Agenzia Immobiliare, non si è pronunciato, ritenendola assorbita, sulla questione della debenza o meno della penale in caso di recesso anticipato dall’incarico mediatorio.
Sul punto si segnala l’importante sentenza n. 10118 del 19.5.2016 dell Tribunale di Roma, con la quale si evidenzia che la previsione di una percentuale sostanzialmente identica tra compenso dell’incarico mediatorio e penale per il recesso anticipato (4% sul prezzo di vendita), costituisce un tipico esempio di clausola vessatoria. Per utilizzare le parole del “Tribunale di Roma” solo con la conclusione dell’affare il preponente realizza il suo interesse e il rifiuto da parte sua di concluderlo non integra comunque un inadempimento.
Di conseguenza, la clausola in questione, non essendo stata oggetto di trattativa individuale, è stata dichiarata vessatoria ai sensi dell’art. 33 del Codice del Consumo.
Infine, il Tribunale di Roma ha precisato che la circostanza che il Codice del Consumo (art. 34 comma 3), escluda dall’ambito del giudizio di vessatorietà l’adeguatezza del corrispettivo non è di ostacolo alla dichiarazione di nullità della clausola in esame. Infatti, il predetto Codice esige che l’oggetto ed il corrispettivo siano “individuati in modo chiaro e comprensibile”. Di conseguenza, il Tribunale ha ritenuto che, in caso di esercizio del diritto di recesso, l’ammontare del corrispettivo dovuto dal recedente avrebbe dovuto essere commisurato all’attività effettivamente prestata sino al momento del recesso. Ed infatti è stato affermato che “lo squilibrio delle prestazioni è collegato al fatto che il diritto al compenso per il caso di recesso anticipato sia fissato in misura indipendente dal tempo per il quale l’attività del mediatore si è protratta prima del rifiuto del preponente”.
Le clausole di recesso oneroso restano inoltre assoggettate al test di vessatorietà previsto dal Codice del Consumo che ha recepito l’art. 1469 bis c.c., per i contratti conclusi tra professionista e consumatore. La garanzia della trasparenza contrattuale viene dunque perseguita dagli artt. 1469 bis e ss. c.c., attuativi della Direttiva 93/13/CEE sulle clausole vessatorie nei contratti conclusi con i consumatori. In particolare, ai sensi dell’art. 1469 ter comma 4 c.c., soltanto la prova dell’avvenuta trattativa vince la presunzione di vessatorietà di cui all’art. 1469 bis comma 3 c.c.; ai sensi del comma 2 del medesimo articolo sono sottratte al sindacato di vessatorietà le clausole concernenti l’oggetto del contratto o l’adeguatezza del corrispettivo ma soltanto se redatte “in modo chiaro e comprensibile”. Orbene la clausola di cui al puinto 7.1) dei contratti di mediazione de quibus, non è stata oggetto nè di specifica trattazione nè tantomeno di separata sottoscrizione, secondo quanto disposto dagli artt. 1341, 1342 nonchè dall’art. 1469 bis (così come modificato dall’art. 142 D. Lgs. 6 settembre 2005 n. 206), laddove si tenga conto che non integra il requisito della specifica approvazione per iscritto, il richiamo in blocco di tutte le condizioni generali di contratto o di gran parte di esse, comprese quelle prive di carattere vessatorio, e quindi la loro sottoscrizione indiscriminata, poiché con tale modalità non è garantita l’attenzione del contraente debole verso la clausola a lui sfavorevole, in quanto ricompresa tra le altre richiamate (in tal senso Trib. di Reggio Emilia sent. 623/18; Cass. 12 ottobre 2016, n. 20606; Cass. 13 novembre 2014, n. 24193; Cass. 11 giugno 2012, n. 9492; Cass. 27 febbraio 2012, n. 2970; Cass. 26 settembre 2008, n. 24262; Cass. 29 febbraio 2008, n. 5733) e pertanto, deve essere considerata nulla ovvero inefficace.
Bibliografia essenziale
Sulla mediazione si vedano FERNANDO BOCCHINI, “LA C.D. MEDIAZIONE ATIPICA NEL MERCATO IMMOBILIARE” e MARIA NOVELLA BUGETTI, “IL GIUDIZIO DI VESSATORIETA` DELLA MULTA PENITENZIALE PREVISTA PER IL RECESSO DEL CONSUMATORE DAL CONTRATTO DI MEDIAZIONE ATIPICA”, entrambi in Contratto e Impresa, 2021, II, pagg. 400 e segg.
Pescara, 22 settembre 2021 Avv. Francesco De Vito